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Epoca

XVII secolo

Misure

Olio su tela, cm 67 x 48 - cornice cm 78 x 62

Descrizione

Bernard Keil detto Monsù Bernardo (Helsingør, 1624 – Roma, 1687)
Ritratto di donna
Olio su tela, cm 67 x 48 – cornice cm 78 x 62

Identificato per la prima volta soltanto a partire dal 1938 da parte di Roberto Longhi, che seppe, lungimirante, distinguerne la pennellata pastosa da quella di Antonio Amorosi, e ne colse le affinità con Domenico Fetti, fu poi merito di Federico Zeri l’evidenziare alcune affinità con Bernardo Strozzi, grazie al ritrovamento nella Galleria Pallavicini di Roma di una copia della nota Cena in Emmaus che il Cappuccino replicò più volte. Keil fu discepolo nientemeno che del Rembrandt tra il 1642 e il 1644. A seguito del brillante noviziato, l’artista aprì una propria bottega ad Amsterdam, quindi discese in Italia soggiornando un primo tempo a Venezia (1651-1654). Si mantenne nei territori della Serenissima portandosi a Bergamo e in altri centri lombardi. In quel periodo Monsù Bernardo eseguì numerosi ritratti per i committenti locali e strinse amicizia con Evaristo Baschenis; inoltre, si recò in visita a Milano. Nei molti mesi (due anni, secondo Filippo Baldinucci) in cui risiedette a Bergamo, dipinse anche dipinti raffiguranti bambini e giovani. Mosse verso la Romagna, rimpinguandosi del colorismo di Forlì e Ravenna, ma fu solo a Roma, dove avrebbe lavorato per il resto della sua vita, che donò al verismo successivo una decisiva sequela di modelli figurativi. Giunto nella capitale il 31 marzo del 1656, Keil entrò in bruciante contatto con la Scuola dei Bamboccianti costituita dal conterraneo Pieter Van Laer, spiccandovi per un certo caravaggismo. Nella capitale conobbe fortunosamente Giovanni Antonio Parravicini, nobile milanese, che ne apprezzò talmente l’opera da acquisire ben cinquanta sue tele, tra prima mano e repliche, per gli ambienti della propria Villa Perlasca sul lago di Como. Il Baldinucci, nelle sue Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua (Firenze 1728, VI) ne rammentò l’eccezionale riconoscimento europeo, destinato ad influenzare l’opera futura di Salvator Rosa. La sua opera fu molto intensa, si specializzò in ritratti, composizioni religiose ed opere molto realistiche che descrivono la vita quotidiana. È stato uno dei più originali pittori di genere e influenzò l’arte di artisti quali come detto Salvator Rosa, Antonio Amorosi e altri rappresentanti della pittura italiana Sei e Settecentesca, con soggetti visionari e popolareschi.
Monsù Bernardo raffigurò con sensibilità bambocciante personaggi anziani, giovani, contadini e artigiani, colti in semplici gestualità, quali ritratti di vita quotidiana.
La stesura, come nella tela in esame, è morbida, ma capace di descrivere con sincerità i volti senza mai trascendere nel crudo realismo di matrice caravaggesca o lombarda. Questa inclinazione fu rilevante nello svolgersi della pittura tenebrosa veneziana e si può immaginare un dialogo tra le opere di Monsù con il genovese Giovanni Battista Langetti.
Il dipinto qui presentato fa parte di una delle diverse opere dedicate alla Allegoria della Vista, vedi il libro tra le mani dell’anziana, realizzate dall’artista, dal sapore molto rembrandtiano che coglie il pretesto di un soggetto alto per eseguire un ritratto popolare.
È possibile confrontare il presente dipinto con svariati ritratti e scene di genere realizzate dal Monsù, sia parte di collezioni private che museali. L’impianto compositivo, al pari del veristico ritratto, tratteggiato con lirica veemenza, ritorna ad esempio nelle tele di medesimo soggetto del Museo di Arte e Storia di Serpukhov o del Museo di Belle Arti di Cuba. Espliciti paragoni sono fattibili invece con la Filatrice degli Uffizi a Firenze, con i gruppi di Giovane e vecchia del Museo Nazionale di Lubiana e del Museo di Belle Arti di Nizza ed infine con la tela fi medesimo impianto di ubicazione sconosciuta e citata presso la Fototeca Zeri (48459).

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