fine del XVI° secolo
cm 25x25x22 (altezza)
Su base triangolare poggiante a terra mediante tre piedi foggiati ad Arpie (figure della mitologia greca), e protetto da tre possenti leoni, è poggiato un elegante vaso baccellato all’interno del quale era contenuto l’inchiostro.
Lo stesso, riccamente ornato con ovuli, foglie d’acanto e festoni rinascimentali presenta, seduto sul coperchio, un fauno colto in statuaria posizione.
Giuseppe De Levis nacque a Verona nel 1552
seguendo le orme del fratello maggiore, iniziò a dedicarsi alla scultura in bronzo, di cui in famiglia divenne il più geniale interprete.
Si ignora presso quale bottega si sia formato, ma certo la sua opera si iscrive stilisticamente nel contesto veneto-padovano della seconda metà del Cinquecento, da Iacopo Sansovino ad Alessandro Vittoria.
La prima opera firmata e datata di sua mano deve identificarsi nella placchetta con la Deposizione del 1577 (Ferrara, Musei civici), derivata forse da un prototipo dell’orefice medaglista Giovan Federico Bonzagni, nativo di Parma e attivo presso la Zecca papale negli anni Cinquanta. Alla stessa tipologia appartiene il bronzo con la Deposizione (Berlino, Staatliche Museen), copia del marmo attribuito a Guglielmo Della Porta o a Vittoria (Milano, Castello Sforzesco).
Negli anni Ottanta realizzò numerose campane, tipo di manufatto di cui la bottega di famiglia era specialista.
Nell’ambito della scultura cosiddetta maggiore il De Levis si associò al veronese Angelo Rossi, Il nome di Rossi si leggerebbe con una certa difficoltà, insieme con quello del De Levis, sul bellissimo calamaio con i dragoni alternati a figure di arpie e le tre Grazie, datato 1599 (New York, Metropolitan Museum). Nel 1600 il De Levis firmò e datò anche il Busto d’uomo della Walker Art Gallery di Liverpool, che tanto sembra debitore dei ritratti scolpiti di tradizione veneziana e dei busti di Vittoria in particolare.
Si menzionano infine i due alari del Victoria and Albert Museum, sormontati dalle figurine di Giove e della Venus pudica, la cui fattura sembrerebbe risentire dell’assenza di Rossi, e dunque precedenti al 1599, oltre al battente di bronzo del 1600 (Svizzera, collezione privata) e al mortaio con la data 1605 (Londra, Victoria and Albert Museum), ultima opera in ordine cronologico fra quelle rinvenute dell’artista.
Il De Levis morì, probabilmente a Verona, tra il 1611, anno in cui fuse la perduta campana per la città di Soave e il 1614
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