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Epoca

Seicento

Misure

In cornice cm. 111 x 98

Descrizione

Alessandro Tiarini (Bologna, 1577 – 1668), attribuibile
Madonna con il Bambino

Primi del Seicento
Olio su tela, cm. 96 x 82
In cornice cm. 111 x 98

Dettagli completi dell’opera: https://www.antichitacastelbarco.it/it/prodotto/madonna-con-il-bambino-tiarini

Questa composizione, dove la Vergine nelle vesti di una giovane fanciulla tiene tra le sue braccia il Bambino, è un’opera di alta qualità ed importanza, da collocare nell’ambito del Seicento emiliano, con evidenti rimandi alla poetica caravaggesca, sia nell’uso dei colori che della luce, così come nel gioco dei contrasti chiaroscurali.
Databile ai primi del XVII secolo, il dipinto esibisce caratteri più precisamente bolognesi, e strette sono le analogie con le opere della maturità di Alessandro Tiarini (Bologna 1577 – 1668) tanto da poterne avvallare l’attribuzione.
L’artista, formatosi con prospero Fontana e Bartolomeo Cesi, è altresì documentato a Firenze dal 1599 al 1606, come allievo e collaboratore del Passignano. Tornato in patria partecipò al rinnovamento naturalistico inaugurato dai Carracci e in modo particolare avvicinandosi ai modi di Ludovico, rinnovando il proprio stile in chiave pienamente barocca e con una verve emotiva e cromatica ineguagliabile.
Nell’aderire a una soluzione di forte impatto drammatico, che risente di modelli stilistici caravaggeschi, Tiarini delinea una poetica pittorica di grande impatto. Osservando il volto della Vergine, in cui il pittore evidenzia l’ingenuità e la tenerezza trasmessi dalla sua giovane età, si nota il senso di tenerezza ed insieme inconsapevolezza che il pittore vuole trasmettere.
Interessante che nel dipinto né la Vergine né il piccolo Gesù guardano verso l’osservatore: tutto rimane come trattenuto all’interno della tela e l’essenza dell’opera è giocata sul reciproco scambio di sguardi e contatti tra madre e figlio. Non si percepisce quella solennità rituale che caratterizza le raffigurazioni della Vergine con il Bambino; ed anche la mancanza di qualsiasi attributo sacro potrebbe far sembrare la nostra tela un soggetto profano, un momento d’intimità familiare, o una semplice allegoria della maternità.
Merita una nota di elogio l’uso della luce, sapientemente dosata dal pittore, che si irradia sui personaggi da sinistra giocando un ruolo fondamentale nel plasmare i volumi, così come quello dei colori, dove su uno sfondo spento, legato a toni bruni, il dipinto si accende di luce negli incarnati di madre e figlio e nelle macchie di colori vivaci, rosso magenta e blu, scelti per le vesti.

Nel caso desideriate approfondire l’operato dell’autore consigliamo di consultare il seguente volume:
E. Negro – N. Roio, Caravaggio e i caravaggeschi in Emilia, Modena 2013, pp. 244-247.

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