XVIII secolo
cm 32 x 52,5 - Cornice cm 44,5 x 64 x 5,5
Scuola emiliana, XVIII secolo
Natura morta con frutta e biscotti
Olio su tela
Composita natura morta ravvivata da una colorata disposizione dei frutti. I piani compositivi vengono evidenziati anche tramite i supporti che contengono le primizie: un delicato vassoio d’argento, in secondo piano, e una pietra squadrata poco più avanti. La modalità pittorica, privilegiante una stesura uniforme del colore, si fa più particolareggiata nella definizione dei piccoli particolari. Brillanti, a tal proposito, le gocce lattiginose dei fichi spaccati, che scivolano trasparenti sulle foglie sottostanti il gruppo. La predilezione figurativa opaca, focalizzata su una tavolozza neutra e terrosa, si accende in corrispondenza delle grosse albicocche in primo piano e degli affollati acini d’uva, disposti a creare un cangiante lenzuolo di colori nel corposo grappolo che costituiscono.
Il dipinto è ascrivibile all’ambito culturale emiliano, moderatamente contenuto nel ventaglio coloristico ed essenziale nella perfezione figurale che lo caratterizza. Una simile conduzione pittorica fu caratteristica di Cristoforo Munari (Reggio Emilia, 1667-Pisa, 1720), come risulta dal dipinto oggi conservato presso gli Uffizi di Firenze. Artista di decantato decoro, Munari fu attivamente impegnato in territorio emiliano, addizionandovi il particolare repertorio romano, apprezzato in occasione di un soggiorno nella capitale, ricco di incontri anche con la frangia pittorica nordica esemplificata da Christian Berentz; entrato in affari con il Gran Principe Ferdinando de’Medici, inizialmente solo in rapporti epistolari, nel 1706 Munari entrò nell’Accademia del disegno fiorentina. Di medesimo linearismo, asciutto e ovattato nel segno, fu invece Nicola Levoli (Rimini, 1728-1801), altro esponente della scuola emiliana del Settecento. L’esempio di Francesco Malagoli (documentato sino al 1779, nativo di Modena) esemplifica la silenziosa composizione del presente, di un delicato nitore formale, affatto fastoso: la tradizione settecentesca di Felice Rubbiani, che lungamente influenzò il Malagoli, si palesa anche nell’opera in esame in ragione del raccolto intimismo con cui i frutti della natura vengono offerti allo spettatore.
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