Fine del XVIII secolo, Scuola lombarda
Olio su tela, cm 43 x 49
Scuola lombarda, fine del XVIII secolo
Studio per pennacchio di cupola con San Giovanni Evangelista
Olio su tela, cm 43 x 49; cornice cm 49 x 55
Nel rispetto della topografia liturgica, ogni chiesa ha specifici luoghi riservati a determinati soggetti affrescati. Scene di sacrificio cristiano sono così dipinte in linea con l’altare, e il messaggio salvifico del Nuovo Testamento può correre lungo le pareti verso i fedeli. Nei quattro pennacchi di imposta delle cupole, posti nel punto di maggiore impatto visivo ed emozionale, di profonda importanza, possono essere ritratti i quattro evangelisti. Quattro come i pennacchi; agli angoli della cupola, come allegoria dei “quattro angoli del mondo” verso i quali Gesù comanda di diffondere la parola divina; appoggio della cupola, quali base fondamentale, con i loro Vangeli, della dottrina cristiana.
Il Presente San Giovanni Evangelista, ritratto mentre scrive su tavola, ispirato dal divino e aiutato da angioletti, lavora nell’eternità del Paradiso. Le cromie e la maniera plastica e staccata con cui sono impastati i colori denunciano l’ambito lombardo di questo prospetto. La raccolta di lombardismi abbonda di riferimenti, a partire dall’incisività con cui la luce modella i volumi dell’Evangelista. L’abile estro prospettico con cui l’artista recupera i formalismi milanesi, bresciani e bergamaschi della metà del XVIII secolo consente di avvicinarlo, primo tra tutti, all’influenza di Francesco Corneliani (1740-1815). Milanese allievo di Carlo Calani, Corneliani si formò sulle pitture del Correggio a Parma, significativamente per il caso presente sui vertiginosi affreschi della Chiesa di S. Giovanni Evangelista. Vòlto nella bergamasca, Corneliani incoraggiò i modi del presente San Giovanni nell’evangelista omonimo sul pennacchio della chiesa di San Gervasio. Ben indicativo, per la concezione del presente, anche l’ambito di un altro milanese, Federico Ferrario, e con lui del connesso Carlo Innocenzo Carloni. Ferrario (1714-1802) trascurò la prima formazione avuta presso il Maggi quando conobbe le volute settecentesche del Carloni a Lodi, con cui collaborò; nelle successive opere entro la diocesi bergamasca rivelò una personale rilettura degli stilemi lombardi, declinandone la sfumatura più rococò. Carlo Innocenzo Carloni (1687-1775), comasco, studiò invece in Germania e viaggiò tra Udine, Venezia, Vienna e le corti europee, virando in Italia presso villa Colleoni di Calusco d’Adda e il Duomo di Monza, non senza aver lasciato traccia concreta in collegiate e parrocchiali comasche. Nella Chiesa di San Marco bergamasca affrescò un San Giovanni a cui si lega culturalmente il presente, materialmente vibrante e dalle voluminose vesti. Ulteriore confronto risulta essere l’evangelista ritratto entro il pennacchio della cupola della chiesa parrocchiale di Sarnico (BG) ad opera un altro rappresentante settecentesco lombardo, Francesco Monti (1685-1768). Bolognese di nascita, Monti adottò i modelli settentrionali quando si avvicinò ai quadraturisti trasferitisi nel nord; accettò commesse presso le parrocchiali di Brescia, Bergamo, Cremona e i piccoli enti ecclesiastici gravitanti attorno ai laghi di Garda, Monte Isola e Iseo.

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