Scuola lombardo-veneta, XVII-XVIII secolo
(6) Olio su tela, cm 62,5 x 80
Scuola lombardo-veneta, XVII-XVIII secolo
Trompe l’oeil
(6) Olio su tela, cm 62,5 x 80 – con cornice cm 71 x 87
La presente sequenza di tele, accomunate da una vivace resa alla trompe l’oeil, ovverosia da una rappresentazione sorprendentemente illusionistica del dato reale, gioca sulla ripetizione fedele di una composizione modulare: su un tavolo è piazzata una natura morta, mentre un ritratto su parete viene affiancato alternativamente da un disegno e da attributi vari. Le nodose tavole color senape dei fondi, quali modernissimi tranciati lignei-carta da parati, dimostrano immediatamente la verve dell’artista nel documentare con brio ogni dettaglio. Si parte così con un ritratto di fanciulla abbigliata modernamente con un ornamento da braccio stretto sulla manica bombata, un simil corsetto rosso incrociato sul petto e un piccolo cerchietto con castone, che guarda in disparte, a differenza della maggior parte delle colleghe, volte direttamente all’osservatore; completano il quadretto un poderoso merluzzo su consolle con cavolo e limone e, affissi alla parete, occhiali da vista inforcati su un chiodo, un disegno di esterno cittadino e un quadro ovale con vaso di rose e pera. Segue una nuova fanciulla dai colori più veneti, dietro ai cozzanti per stagionalità frutti del fico e del melograno, fantasmatici crisantemi ed una fiasca di vino inanellato nella corda dell’otre. Le altre giovani raffigurate sono abbigliate alla veneziana da ballo in maschera, alla popolana e secondo una moda cortese, introdotte sempre dai rigogliosi frutti della natura poggiati su tavolo (anguria, albicocche, meloni, uva, verzure varie; solo in un caso l’artista ha invece preferito dei crudi tagli di carne); affissi a parete sono infine il ricorrente disegno di esterno cittadino, una quaglia, una brocca, ancora i doni della cantina ed un ritratto di uomo. L’artista, attento non già a caratterizzare allegoricamente le suddette scenette, quanto a dimostrare, attraverso un mero esercizio virtuosistico, una consapevole genialità formale, quasi autoreferenziale (la pratica di affascinare con illusioni dipinte era già invalsa da secoli, si pensi alla leggendaria tenzone Zeusi-Parrasio e alla villa Barbaro a Maser con il Veronese, sul finire del XVI secolo), denuncia un’appartenenza all’ambito lombardo-veneto. Attivo tra il XVII e il XVIII secolo, il pittore elabora attraverso una sintesi inventiva, fedele per forma ma innovativa per il linearismo coloristico e la pacata trattazione tonale, le molteplici suggestioni pittoriche derivanti dalle soluzioni più arditamente creative del trompe l’oeil, quali gli esempi di Carlo Leopoldo Sferini (documentato a Verona sul finire del Seicento), del bergamasco Antonio Marra detto Scarpetta (1680 ca – 1750 ca) con l’affine piacentino Antonio Gianlisi il Giovane (1677-1727), nonché del veneto Benedetto Sartori (attivo 1700-1749 ca) e di Pietro Antonio Rotari (1667-1742) con i suoi celebri ritratti.

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