1600
85x110
Bonaventura Bettera (1663-1718 post)
Natura morta con strumenti musicali, spartito e tappeto
Olio su tela, cm 85 x 110
Con cornice, cm 111 x 138
Il dipinto che qui possiamo osservare si configura a pieno nella tradizione bergamasca della natura morta di soggetto musicale, che da Evaristo Baschenis (1617 –1677), vero e proprio ideatore del genere, si trasmise ad altri pittori bergamaschi, fra cui il coevo Bartolomeo Bettera (1639- post 1688) e il figlio di quest’ultimo Bonaventura (1663- post 1718), a cui può essere assegnata quest’opera. Andando oltre il soggetto, si possono già desumere i tratti distintivi che fecero evolvere in una dimensione più sontuosa, contrastiva e opulenta le nature morte realizzate da Bartolomeo prima e da Bonaventura poi, nati e cresciuti in terra bergamasca; la famiglia aveva infatti origini che si possono individuare nei centri della media val seriana, in particolare a Gandino e nella omonima valle, entrando così in contatto con la produzione del Baschenis. Se Bartolomeo viaggerà prima a Roma e in seguito a Milano nel 1687, dove resterà fino alla morte, avvenuta probabilmente sul finire del secolo, poco si sa sulla biografia di Bonaventura, sebbene le opere attribuite alla sua mano si trovino soprattutto in collezioni lombarde e in special modo bergamasche, lasciando così presumere una zona di attività legata ancora alla terra d’origine. Sebbene le tangenze col Baschenis siano evidenti nel soggetto, nell’impaginazione e nel senso di realismo, il Bettera si distinguerà elaborando composizioni contraddistinte da una maggior concentrazione di oggetti, quasi sempre riferiti all’ambito musicale, da una sfarzosità che si può ben osservare nella preziosità dei ricami di tappeti e tendaggi, rilucenti e dai colori sgargianti, e da una disposizione più sovraffolata e caratterrizata da scorci prospettici più azzardati degli elementi, accatastati in un opulento e ponderato disordine che crea una sorta di pila al centro della composizione. Questi tratti, desunti dalle opere del padre, si rivelano con chiarezza, come si può osservare nelle virtuosistiche prospettive dei liuti e dei violini e dall’uso di preziosi toni azzurri e oro dei tendaggi e dei tappeti, luminosi, vibranti e in contrasto con l’ambiente in penombra dai colori più smorzati; inoltre si possono notare tratti tipici delle sue composizioni quali l’apertura parziale e scomposta della tenda, la catasta di oggetti, l’apparente disordine sulla tavola, rivelato dagli spartiti spiegazzati, dagli strumenti disallineati e sovrapposti e dai libri sommersi al di sotto, fra cui se ne individua uno con scritto sul dorso Tasso, riferendosi forse a Torquato Tasso, autore della celebre Gerusalemme liberata, la cui famiglia apparteneva alla antica nobiltà bergamasca ed era perciò legata allo stesso territorio dove operava il Bettera. Se la serie di opere del padre Bartolomeo, spesso firmate, si costituisce di un catalogo più corposo e certo, quelle di Bonaventura sono invece estremamente rare e difficili da individuare; due sue opere certe si trovano esposte al Museo Statale di Belle Arti Pushkin, a Mosca, e rivelano nell’orditura sporgente della tela nelle parti dei tappeti, un tratto distintivo rispetto a Bartolomeo, che ritroviamo anche nella nostra opera. Diverse altre sono passate sul mercato antiquario o si trovano presso collezioni private e in molte di queste si ritrova questo peculiare dettaglio, a cui poi si aggiungono un uso della luce più omogeneo e opaco e un particolare gusto per le tonalità fredde, come il blu e l’azzurro, utilizzate anche in questa tela.

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