'700
cm 112 x 142
Carlo Preda (Milano, 1651 o 1652 – 1729)
Annuncio e Adorazione dei pastori
(2) Olio su tela, cm 112 x 142
Con cornice, cm 136 x 165
Scheda critica Prof. Alberto Crispo
Figlio di Andrea e di Bianca Bianchi, nacque tra il 1651 e il 1652 a Milano, città nella quale risiedette per tutta la vita. La madre era sorella del pittore Federico Bianchi, che, secondo le fonti, fu il maestro dell’artista, come rivela anche la sua prima prova pittorica a noi nota, l’Immacolata della chiesa milanese di San Giorgio al Palazzo, del 1680 circa. Un momento decisivo nella carriera di Preda è rappresentato dall’attività per il territorio di Casale Monferrato, da legare, forse, a quella svolta nella stessa città, negli anni Ottanta del Seicento, dallo zio Federico Bianchi. Un evidente alleggerimento compositivo e il ricorso a una tavolozza schiarita si riscontrano, infatti, già nell’Assunta e santi a Terruggia, del 1688 e nella Comunione di un prelato cappuccino del 1690, attualmente al museo Civico di Casale Monferrato. La permanenza di Preda a Casale Monferrato si rivela fondamentale per l’elaborazione del suo sfaccettato immaginario pittorico: grazie all’attività nel Monferrato, terra di confine tra la Liguria e i domini sabaudi, si avvicina alla temperie del tardo barocco genovese di Domenico Piola, Bartolomeo Guidobono e Gregorio De Ferrari, approdando a un fare addolcito e seducente di matrice neocorreggesca, a tinte luminose e raffinati accostamenti cromatici, da questo momento in poi tutte cifre caratteristiche del suo stile. Questi aspetti rendono Preda una delle voci più originali del contesto milanese del suo tempo e uno degli antesignani della stagione del barocchetto lombardo. A partire dagli anni ’90 del Seicento, Preda ottiene commissioni di rilievo anche in ambito milanese: ciò è testimoniato dal S. Carlo che brucia la lettera, del 1691, parte dei quadroni tardi della vita del santo per il Duomo di Milano. Che il deciso mutamento di rotta a livello stilistico fosse apprezzato anche dalla committenza è rivelato dai numerosi incarichi ricevuti dal maestro tra lo scadere del XVII secolo e l’inizio del Settecento, tra i quali le tele con la Maddalena comunicata da s. Massimino (ante 1700) e il Miracolo del fanciullo caduto nella fornace per il ciclo del Ss. Sacramento del Duomo di Milano (ora al Museo diocesano), alle quali vanno avvicinate due Storie di S. Giovanni Battista parte dei teleri sulla vita del Precursore nella chiesa eponima di Busto Arsizio e la Crocifissione di s. Pietro a Broni, nel Pavese. La fama raggiunta dal pittore nel capoluogo lombardo è confermata anche dall’elezione a principe della locale Accademia di S. Luca, nel 1702. Alle prove di ambito chiesastico, Preda affianca una notevole produzione di opere mobili di tema sia sacro sia profano, tra le quali Giacobbe al pozzo (collezione privata), Ruth e Booz (già Verona, Galleria Morgante), l’Allegoria della scultura (Merate, ospedale Leopoldo Mandic), e le Tre stagioni (asta Della Rocca, Torino, 22 aprile 2010, lotto 644). L’unica prova sopravvissuta dell’opera di Preda nel campo dell’affresco, in cui, attraverso le fonti, sappiamo fosse abilissimo, è il Rapimento di s. Paolo al terzo cielo nella sagrestia di S. Barnaba a Milano, del 1708. Allo stesso periodo risalgono anche la pala per il santuario di Caravaggio (1708) e il quadrone con la Predica del Battista parte delle storie del santo a Melegnano. A partire da queste opere, le figure graziose del decennio precedente assumono tratti fisionomici più marcati, quasi caricaturali e i panneggi risultano più rigidi e incisi: questi aspetti tendono a divenire una costante della sua produzione matura. L’artista muore a Milano nel 1729, dopo una carriera costellata di committenze di rilievo e celebrata dai contemporanei.
Le due opere in questione, un Annuncio ai pastori e un’Adorazione, presentano tutte le caratteristiche cruciali del primo segmento della produzione pittorica di Carlo Preda; la morbidezza della pennellata rimanda all’attività casalese e guarda ai celeberrimi modelli di Piola e De Ferrari, mentre i marcati effetti chiaroscurali paiono anticipare il barocchetto milanese del primo Settecento, elaborando in maniera intelligente e sagace soluzioni introdotte dai Procaccini e dal Morazzone. Nella coppia di tele, Carlo Preda si distingue per la sua capacità di innovare il linguaggio pittorico del suo tempo, combinando elementi barocchi con un’eleganza e una leggerezza che preannunciano il Barocchetto. La sua abilità nella resa della luce, dei panneggi e delle figure espressive lo rende una figura significativa nel panorama artistico lombardo tra il XVII e il XVIII secolo. In queste due significative opere, il pittore milanese pare guardare, oltre che alla pittura ligure, ad un altro illustre riferimento. Sia a livello compositivo che sotto il frangente tecnico la coppia di tele guarda a due dipinti – uno parte delle Collezioni reali inglesi e l’altro attualmente parte delle collezioni della Fondazione CARIPLO – di Pieter Mulier, principalmente noto come il Cavalier Tempesta (Haarlem, 1637 – Milano, 1701), artista nato nelle Fiandre ma attivo prevalentemente in Italia, tra Genova e Milano: è probabilmente in uno di questi due centri norditaliani che Mulier e Preda potrebbero essersi incontrati. Il Cavalier Tempesta fu, sia in Liguria che in Lombardia, particolarmente noto e ricevette commissioni di prestigio da alcune delle famiglie più in vista del territorio, tra cui i Doria ed i Borromeo.

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