XVIII secolo
cm 100 x 137
Agostino Masucci (Roma, 1691 circa – 1758), attr.
Diana al bagno con le ninfe
Olio su tela, cm 100 x 137
Con cornice, cm 124 x 162
Il dipinto in esame, raffigurante il celebre soggetto mitologico della Diana al bagno con le Ninfe, riprende il modello iconografico inaugurato dal pittore marchigiano Carlo Maratta (1625 – 1713) con il contributo di Gaspard Dughet (1615 – 1675) per il principe Lorenzo Onofrio Colonna (1660 ca.), poi passata nella collezione del Marchese Pallavicini, ed acquistata da William Cavendish IV Duca di Devonshire nel ‘700: oggi la tela, replicata in più versioni sia dall’artista stesso che dalla sua florida bottega, è conservata presso la Devonshire Collection di Chatsworth, in Inghilterra. La scena è ambientata in un paesaggio boscoso e ombroso, illuminato da una luce fredda che mette in risalto le figure in primo piano. Al centro Diana si erge maestosa in una posa dominante, avvolta solo da un drappeggio rosato-violaceo che ne copre parzialmente il corpo nudo lasciando scoperto il seno, con il braccio destro teso a indicare in lontananza. Intorno a lei, le ninfe sono ritratte in varie pose di riposo, alcune sedute sul bordo dell’acqua, mentre una immersa in primo piano con lo sguardo fisso verso lo spettatore, tutte con corpi voluttuosi e panneggi minimali. L’attenzione è chiaramente focalizzata sulla reazione delle figure ad una presenza esterna che irrompe nella loro quiete: sulla destra, infatti, in lontananza, si intravede una figura maschile in corsa, probabilmente Atteone, che aveva osato spiare la dea e le sue compagne. Le protagoniste reagiscono con sorpresa ed allarme, in particolare una fanciulla sulla destra ritratta di spalle che sembra fuggire o reagire con sgomento, accentuando il dramma dell’episodio. Da un punto di vista formale e stilistico la tela qui presentata può essere attribuita ad un allievo gravitante attorno alla bottega marattesca, Agostino Masucci (Roma, 1691 ca. – 1758), pittore di rilievo nella scena artistica romana del Settecento. Nato a Roma intorno al 1691, fu avviato alla pittura dapprima come apprendista di Andrea Procaccini (1671 – 1734), sebbene il momento cruciale per la sua formazione fu l’ingresso nella bottega del grande maestro Carlo Maratta (1625-1713), artista che dominava la pittura romana tra la seconda metà del Seicento e l’inizio del Settecento e che incarnava il punto di riferimento per l’accademismo classicista dell’epoca, oltre che l’erede della tradizione pittorica di stampo classicista, basata sul disegno, sulla compostezza e sulla “bella maniera”. Masucci ereditò, di fatto, dal suo illustre maestro questa impostazione, che lo portò ad essere considerato un tipico rappresentante dell’accademismo di stampo arcadico della pittura romana del XVIII secolo, caratterizzandosi per un’eleganza formale, una grazia compositiva ed una tendenza a temi spesso legati alla poesia e alla mitologia, in linea con il gusto dell’Accademia dell’Arcadia. Masucci non solo assorbì lo stile del maestro, ma si affermò in modo indipendente, ottenendo importanti riconoscimenti istituzionali: nel 1724 entrò a far parte dell’Accademia di San Luca, raggiungendo l’apice della carriera accademica con l’elezione a Principe dell’istituzione nel biennio 1736-1738. Grazie anche ad importanti amicizie intessute negli anni, come quelle con gli architetti Filippo Juvarra e Luigi Vanvitelli, Masucci ottenne importanti commissioni non solo nella capitale, ma anche all’estero, lavorando per rilevanti figure come i Savoia e Giovanni V del Portogallo, per cui realizzò la pala dell’altare maggiore della Cattedrale di Evora. Realizzò pure i modelli dei tre principali pannelli del mosaico della Cappella di san Giovanni Battista, che fu progettata da Vanvitelli insieme a Nicola Salvi per re Giovanni V. Spedito a Lisbona nel 1747, il mosaico venne completato nel 1750. Per i reali di Savoia dipinse una serie di tele a soggetto storico con l’aiuto di Giovanni Battista Pittoni, Sebastiano Conca e Francesco Monti. La maggior parte delle sue opere si trovano oggi nelle chiese romane, tra cui Santa Maria in Via Lata, San Francesco di Paola, San Marcello al Corso, Santissimo Nome di Maria e Santa Maria Maggiore. Attorno al 1750 va riferita invece l’esecuzione della pala con la Vergine e i Santi Agostino, Nicola da Tolentino e Monica in S. Maria del Popolo a Roma. Morì a Roma nel 1758.
Sulla base dei confronti stilistici ed iconografici tra le opere del nostro artista e quelle del maestro, emerge che Agostino Masucci non fu solo un continuatore dell’eredità di Carlo Maratta, ma un anello di congiunzione fondamentale tra il classicismo barocco del Seicento ed il nuovo gusto arcadico e pre-neoclassico del XVIII secolo. Tra i suoi allievi si distinsero Stefano Pozzi ed, in particolare, Pompeo Batoni, che diverrà uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo.
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