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Epoca

'700

Misure

cm 137 x 84

Descrizione

Alessandro de’ Pesci (attivo fino al 1750)

Venditore di pesci

Olio su tela, cm 137 x 84

Scheda Critica Prof. Alberto Crispo

 

La natura morta a tema ittico si può inquadrare cronologicamente fra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo mentre la scuola a cui ci si può riferire è quella napoletana. L’opera trova infatti molte tangenze con la trattazione di questo genere operata a Napoli nel corso del Seicento e protrattasi poi anche nel secolo successivo, spesso anche attraverso gli eredi di famiglie e botteghe che si erano affermate sia in città che al di fuori, fra cui i De Caro, i De Matteis e i Recco. Nella tela si distingue un brano di natura morta che si distacca dal resto dell’opera, posizionandosi nella parte bassa e godendo di una illuminazione maggiore rispetto al pescatore seduto che occupa con la propria figura la porzione più alta; se si osserva la resa delle squame o del carapace della tartaruga, altro soggetto ricorrente nelle nature morte di questi artisti e di altri loro conterranei come Baldassarre de Caro, si riscontra una stesura a piccoli tocchi chiari e luccicanti che ritroviamo nelle opere di quello che, appunto, è stato ritenuto per lungo tempo il Maestro dei pesci puntinati. Il nome di questo anonimo artista è stato assegnato a molte opere di natura morta con protagonisti pesci e crostacei, le quali sono state poi spesso riferite alla mano di Elena Recco, figlia del pittore Giuseppe, a sua volta istruito al dipingere dal padre e dallo zio. Questa sua caratteristica fece sviluppare ad una parte della critica lo pseudonimo sopracitato, utilizzato anche per un’altra personalità dello stesso periodo, ovvero Alessandro de’ Pesci, artista a cui può esser riferita questa tela e che fu attivo a Roma nella seconda metà del Settecento; di lui si conservano poche opere e la sua biografia risulta ancora oggi incompleta per lunghi tratti. Le tele che si trovano oggi presso il Museo Flesh di Ajaccio, istituzione nata grazie alle donazioni del cardinale corso Joseph Fesh, che raccolse un’immensa collezione di opere d’arte durante la sua permanenza a Roma come porporato. Nelle tele di Alessandro si ritrovano la stesura puntiforme del colore, la disposizione e la posa dei soggetti marini dell’opera in questione, con una stesura più ferma e compatta e con tonalità più chiare e nitide rispetto a quelle della Reco, con cui ha a lungo condiviso lo stesso pseudonimo. Sicuramente entrambi guardano con attenzione agli insegnamenti e agli stilemi della scuola napoletana, per l’uso di un intenso chiaroscuro che viene rotto improvvisamente da zone di luce più intensa, per la scelta del genere e per un naturalismo di remota ascendenza caravaggesca; inoltre la figura del pescatore si distingue anche da un punto di vista stilistico e pittorico da quella della natura morta più in basso, descritta con un lenticolarismo ed esaltata dalla maggiore illuminazione, quasi a sancire una sorta di separazione fra due soggetti uniti nella stessa opera. Questa peculiarità potrebbe ricordare le collaborazioni fra Giuseppe Recco, padre della sopracitata Elena, e Luca Giordano, pittore napoletano fra i maggiori esponenti del periodo barocco; in effetti l’opera è riconducibile a quel filone in cui Giuseppe Recco dipinse quadri con pesci, lasciando invece a Luca Giordano la realizzazione delle figure umane: da quegli esempi potrebbe derivare quest’opera.

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