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Epoca

1800

Misure

cm 60,5x49

Descrizione

Ferdinando Brambilla (Milano, 1838-1921)

Monaca leggente

Olio su tela, cm 60,5×49

Firmato e datato in basso a destra “Brambilla 1868”

 

 

Il dipinto raffigura una suora colta nell’atto intimo e personale della lettura delle sacre scritture. Al centro della composizione, la figura della religiosa domina la scena, vestita in un abito scuro e un velo bianco che le incornicia il volto. Lo sguardo, dolce e assorto, è rivolto verso l’osservatore, un’espressione serena e leggermente interrogativa che invita al diretto contatto visivo. Tra le mani tiene un libro aperto, le cui pagine sembrano assorbire la sua attenzione, anche se momentaneamente distolta. Alle sue spalle, attraverso un’ampia finestra, si intravede uno scorcio di Milano: appaiono infatti ben in evidenza le imponenti guglie neogotiche costruite sulle Terrazze del Duomo di Milano; Le Terrazze del Duomo furono concepite dagli architetti sin dagli albori della costruzione, una scelta che testimonia quanto avessero assimilato gli schemi strutturali del Gotico internazionale secondo una propria sensibilità, mutuata dalla tradizione costruttiva lombarda. Sulle Terrazze svettano 135 guglie ricche di ornati, la maggior parte misura all’incirca 17 metri; la più grande, la Guglia Maggiore, fu costruita negli anni 1765 – 1770 sotto la direzione dell’architetto Francesco Croce. Alla sua sommità brilla la statua raffigurante la Vergine Assunta in cielo, la Madonnina, realizzata in lastre di rame sbalzato oro. L’opera venne collocata a coronamento della Gran Guglia alla fine del l 1774 e da allora protegge la città e il nostro Duomo. Sono oltre 3400 le statue, 150 i doccioni, 96 i giganti, 410 le mensole per statue, insieme agli archi rampanti, le falconature, e ovviamente un silenzioso popolo di santi e martiri che veglia sul Monumento. La spettacolare veduta che si intravede dalla finestra alle spalle della monaca potrebbe farci immaginare che la religiosa si trovi presso l’antico convento di San Maurizio al monastero maggiore. La luce che filtra dall’esterno illumina delicatamente il volto della suora e le pagine del libro, creando un’atmosfera di quiete e contemplazione. Il dipinto nel complesso trasmette un senso di calma e devozione, suggerendo un momento di studio o riflessione personale.

Ferdinando Brambilla nacque a Milano l’8 luglio 1838. Frequentò a Brera la scuola del Sogni, oscillante tra modi neorinascimentali e romantici, per passare poi a quelle dell’Hayez e del Casnedi. Con quest’ultimo collaborò alla decorazione a fresco – sostituita successivamente da mosaici ed oggi perduta – dell’ottagono della Galleria Vittorio Emanuele a Milano (lunette dell’America e dell’Arte). Come frescante, il Brambilla fu attivo anche presso il Tempio dell’Incoronata di Lodi, dove dipinse le figure allegoriche delle lesene del piano superiore, condotte con un certo calore pittorico, i Fatti di S. Marco nella cappella dedicata al santo in S. Simpliciano a Milano. Nei dipinti a olio del periodo giovanile predilesse il tema storico, non insensibile ai modi del melodramma teatrale, come si nota nella Margherita degli Acciaiuoli e il rigattiere Giovanni dalla Palla, che ottenne il premio triennale di Brera del 1867 (Milano, Pinacoteca di Brera). Altre sue opere premiate furono il Bagno Pompeiano del 1872 e il Mercato di schiave in Marocco, premio principe Umberto all’Esposizione di Brera (cfr. Illustraz. ital., 21 sett. 1879, p. 183), un tempo nella raccolta Cusani Visconti a Milano. Morì a Milano nel 1921 dopo una carriera costellata da vari riconoscimenti accademici.

A partire dagli anni Quaranta dell’Ottocento, complice anche l’incredibile popolarità della figura della monaca di Monza nei Promessi Sposi (è necessario ricordare che, nella cosiddetta edizione Ventisettana, l’episodio di Gertrude appariva ulteriormente approfondito rispetto a ciò che accade nella versione definitiva, la Quarantana), la rappresentazione dei religiosi si rivela comune per quanto concerne il panorama pittorico italiano: a conferma di tale fenomeno ci basti pensare alle intriganti rappresentazioni del fascinoso personaggio manzoniano messe in atto da Giuseppe Molteni e da Mosè Bianchi e alla raffigurazione di una bella e giovane monaca proposta dall’ormai anziano Francesco Hayez nelle fasi finali della sua carriera nel 1879. Ad incrementare ulteriormente questo fenomeno è anche il grande successo del romanzo neogotico, spesso contraddistinto per un’ambientazione conventuale, di cui Il Monaco di Mattew Gregory Lewis si rivela una delle prime testimonianze

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