1500
cm 70 x 47,5
Francesco Del Brina (Firenze, 1529 – 1586)
Natività
Olio su tavola, cm 70 x 47,5
Con cornice, cm 80 x 58
Scheda critica Prof. Alessandro Delpriori
Nato in seno ad una famiglia di artisti – il fratello Giovanni, con cui spesso operò congiuntamente, fu una figura di egual spicco nel panorama pittorico della Firenze della seconda metà del Cinquecento – Francesco Del Brina (conosciuto alternativamente come Brina o Brini) si formò presso l’operosa bottega di Ridolfo del Ghirlandaio, uno degli ambienti culturali più frizzanti della Toscana del XVI secolo. A seguire direttamente la formazione del giovane pittore fiorentino è, secondo lo studioso statunitense Freedberg, una delle personalità più prossime al Ghirlandaio, Michele Tosini, detto anche Michele di Ridolfo (Firenze, 1503 –1577), da cui apprende i dettami pittorici della dottrina vasariana, che segue alla lettera nell’arco della sua intera produzione. Lo stesso Vasari, a cui il Brina si ispira deliberatamente, fa un rapido riferimento, invariato tra l’edizione Torrentiniana e quella Giuntina delle Vite, all’attività dell’artista, che viene presentato, in appendice alla vita di Grardo miniatore come “pittore giovane fiorentino” che collabora con Gherardo del Fora nella realizzazione dell’affresco della facciata esterna della chiesa di Sant’Egidio di Firenze. Tra i progetti più rilevanti per quanto concerne la prima fase della carriera di Francesco vi è certamente quello relativo alla progettazione degli allestimenti per l’ingresso trionfale in città di Francesco de’ Medici in seguito alle sue nozze con Giovanna d’Austria: sono presenti numerosi schizzi preparatori per queste architetture effimere – molti dei quali vennero esposti all’acclamata Mostra dei disegni Vasariani di Palazzo Pitti del 1966 – che mostrano la grande perizia tecnica del Brina non solo come pittore ma anche come disegnatore. Il pittore è attivo, tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessata, presso il Duomo di San Gimignano, dove realizza il perduto affresco della Moltiplicazione dei pani e dei pesci e presso Palazzo Vecchio, al fianco dei numerosissimi allievi del Vasari: in questo frangente, la sua mano risulta indistinguibile. Per definire lo stile della maturità del Brina risulta di particolare importanza un dipinto firmato e datato 1570, la Concezione per S. Michele in Visdomini (Paatz, IV, p. 208 n. 42). Sebbene le opere attribuitegli non siano numerosissime, quelle certamente ascrittegli mostrano la capacità dell’artista di far convergere intelligentemente le suggestioni tratte dalla produzione di Vasari e dall’attività di Ridolfo del Ghirlandaio: è il caso della Sacra Famiglia del Museo Bandini di Fiesole, della Sacra Famiglia nella Galleria Palatina e della Madonna e santi proveniente dalla chiesa dei SS. Iacopo e Lorenzo ed ora nei depositi delle Gallerie fiorentine. La pala del 1570 per S. Michele in Visdomini vale come punto fermo per identificare lo stile di Francesco per quanto il dipinto sia ora molto oscurato e deperito: vi si rivela una cultura piuttosto arcaica, con frequenti richiami ad Andrea del Sarto – la Vergine ricalca il gesto della Madonna di Andrea nella pala per i monaci vallombrosani, oggi a Palazzo Pitti –, mentre la fitta composizione segue la falsariga delle macchinose pale d’altare della pittura fiorentina del tempo dominata dal Vasari, anche se ne rifiuta le più esasperate forzature manieristiche. Un insieme di queste esperienze si percepisce anche nella nostra tavola, in cui i modelli dalla spinta arcaicizzante di Andrea del Sarto e i colori pastellati in uso sin dalla prima metà del Cinquecento, si sposano con le coeve innovazioni elaborate presso le botteghe del Ghirlandaio e di Vasari.

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