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Epoca

XVI secolo

Misure

cm 33 x 22,5

Descrizione

Giovanni Balducci detto il Cosci (Firenze, 1560-Napoli, 1631)

Madonna con bambino, San Giovannino, San Giuseppe e Santa Elisabetta

Olio su tavola, cm 33 x 22,5

Con cornice, cm 47 x 37

 

L’opera in esame, eseguita da Giovanni Balducci, detto il Cosci (Firenze, 1560 circa – Napoli, 1645), presenta una composizione che si inserisce nel contesto della pittura sacra tardo-cinquecentesca e primo-seicentesca fiorentina. Il soggetto iconografico, riconducibile alla tipologia della Sacra Famiglia con figure aggiuntive, evidenzia una narrazione complessa e stratificata. In questo caso, la figura della Vergine Maria è rappresentata in una posa di devozione contemplativa, con le mani giunte e lo sguardo rivolto verso il basso, suggerendo un momento di profonda interiorità. Sulla sinistra, San Giuseppe è raffigurato con i tratti distintivi dell’anzianità, la barba candida e un panneggio ocra che ne sottolinea la dignità e la funzione protettiva all’interno del nucleo familiare. A destra, la figura femminile anziana, identificabile come Santa Elisabetta, si pone come elemento di connessione visiva con il gruppo della Vergine, grazie allo sguardo rivolto verso di essa. In primo piano, due fanciulli, Gesù Bambino e San Giovanni Battista fanciullo, sono raffigurati in una dinamica interazione, simboleggiando l’innocenza e la predestinazione.

Giovanni Balducci, nacque a Firenze intorno al 1560 e deve l’appellativo “il Cosci” al nome dello zio materno, Raffaello Cosci, presso il quale fu allevato. Allievo di Giovanni Battista Naldini (1535-1591), mantenne la linea tradizionale che contraddistingue gli epigoni vasariani e, in generale, i tardi manieristi fiorentini, con lontani riflessi dell’arte del Pontormo, del Bronzino e di Andrea del Sarto.

Balducci fu un pittore molto attivo a Firenze, dove nel 1578 fu immatricolato nell’Accademia del Disegno. Negli anni 1575-79 collaborò con Federico Zuccari negli affreschi della cupola di S. Maria del Fiore e più tardi aiutò l’Allori nella decorazione a grottesche dei soffitti del primo corridoio della Galleria degli Uffizi. Già in età giovanile lavorò per il cardinale Alessandro de’ Medici, arcivescovo di Firenze (poi Papa Leone XI), del quale godette la stima e la protezione. Sempre in stretta dipendenza dal Naldini, fu presente tra i pittori dello Studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio. Nel 1589 partecipò all’ornamento del Duomo di Firenze in occasione della venuta di Cristina di Lorena, sposa di Ferdinando I, ed eseguì varie opere, tra cui la grande tela con l’Ultima Cena sull’altar maggiore. Firmato e datato 1589 è lo Sposalizio di s. Caterina presso San Gimignano, nella chiesa di S. Agostino. Del 1590 è il ciclo di affreschi nella chiesa di S. Iacopo della Congrega maggiore in via S. Gallo (Oratorio dei Pretoni), considerati dagli studiosi le sue opere migliori.

Intorno al 1592, l’artista si recò a Roma su invito del cardinale de’ Medici. Durante il pontificato di Clemente VIII Aldobrandini, la sua opera nella Capitale fu di notevole rilevanza: in S. Giovanni Decollato restano affreschi ai lati dell’arcone d’accesso alla cappella maggiore e una Resurrezione di Lazzaro già su un altare nel chiostro; in S. Giovanni dei Fiorentini, nella cappella di S. Maria Maddalena dei Pazzi, affrescò Carlo Martello che fa penitenza, di cui esiste il modello a Hampton Court; nel battistero di S. Giovanni in Laterano dipinse una Erodiade oggi perduta e in S. Prassede lasciò affreschi nella navata centrale, con l’Orazione nell’orto, la Salita al Calvario, simboli della passione, figure di apostoli, angeli e putti.

Da Roma, verso l’anno 1600, il Cosci si trasferì a Napoli, al servizio del cardinale Alfonso Gesualdo. Qui il pittore era già stato nel 1598 per eseguire dipinti nel palazzo del duca di Maddaloni. Anche a Napoli, dove la sua presenza è accertata fino al 1612, lavorò alacremente, lasciando opere nel chiostro del Carmine Maggiore con Storie di Elia ed Eliseo, e in S. Giovanni Battista delle Monache realizzò una Sacra famiglia. In S. Giovanni dei Fiorentini, chiesa purtroppo distrutta, il Balducci fu impegnato nella decorazione dei soffitti, mentre in S. Maria della Sanità affrescò il refettorio. Le fonti descrivono altre opere nel duomo. La più tarda attività del Cosci è da ricercare in Calabria, dove la sua presenza è attestata dalle due tele con l’Immacolata Concezione e da una Madonna del Carmine, firmata e datata 1614, in S. Maria Maggiore a Taverna. Morto a Napoli in epoca imprecisata (dopo il 1631), il Balducci fu sepolto nella chiesa di S. Maria della Sanità.

Stilisticamente il dipinto si inserisce pienamente nel contesto del tardo Manierismo fiorentino, rappresentando un punto di incontro tra le tendenze auliche e raffinate della scuola vasariana e la ricerca di un linguaggio più diretto e devozionale, influenzato dalle istanze della Controriforma. Il suo stile si forma e si evolve in un dialogo costante con i maestri dell’epoca, in particolare con il suo mentore Giovanni Battista Naldini, come testimoniano le vicinanze dei due bambini gioco, sia ad esempio ai putti realizzati per la tomba di Michelangelo in Santa Croce. Altri confronti si possono rintracciare nelle opere del Cosci come la Presentazione al tempio, Adorazione dei Magi Pushkin Museum, Adorazione dei Pastori di San Francesco (Volterra), Madonna in gloria tra i ss. Lorenzo e macario, Colleggiata di San Lorenzo Collegiate (Montevarchi)

 

 

 

 

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