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Epoca

XVII secolo

Descrizione

Giovanni Grevenbroeck, detto il Solfarolo (1650 – Milano ?, post 1699)

Scena di incendio con rovine architettoniche

Olio su tela, cm 74 x 59

Con cornice cm 85 x 70,5

 

 

La tela in esame viene attribuita dal Dott. Fabrizio Dassie, nella su ultima monografia I Grevenbroeck, a Giovanni o Jan Grevenbroeck, conosciuto anche come l’Olandese, capostipite della famiglia di pittori originari dei Paesi Bassi ma emigrati in Italia alla metà del Seicento. Scarne sono le notizie biografiche e documentarie sul nostro: sappiamo da alcuni dati documentari che Jan soggiorna a Roma nel 1667 ed ebbe tre figli, Orazio, Alessandro e Carlo Leopoldo. Nel 1970 sono state individuate due opere certe, un pendant di Marine, ora al Musèe des Beaux-Arts e de la Dentelle di Alencon, firmate e datate “Gio. Grevenbroeck 1690”. Inoltre, è conosciuto un soggiorno milanese del pittore, durante il quale divenne maestro del paesaggista lombardo Carlo Antonio Tavella (1668-1738). Dopo un primo apprendistato nella terra natale, Giovanni giunge nel Bel Paese, inserendosi in quella vasta compagine di artisti fiamminghi presenti a Roma alla metà del secolo e impiegati variamente sul mercato sia per collezionisti minori sia apprezzati dalle grandi famiglie nobili, quali i Colonna, nei cui inventari si nota la registrazione di vari esemplari pittorici a nome Grevenbroeck. Alcune tracce documentarie permettono di collocare l’artista anche a Milano, intorno al 1675, città nella quale appare seguito e richiesto dal mercato locale; ne sono testimonianza la presenza di alcune tele nella Galleria di Casa Mazenta nel 1672 e nel libro dei conti del canonico Flaminio Pasqualini, incaricato di acquistare suoi paesaggi per il principe Antonio Teodoro Trivulzio (1674). La maestria di Giovanni e la predilezione nel dipingere paesaggi con roghi e incendi gli valse il soprannome di “Solfarolo”. Sempre a Milano viene annoverato tra i membri fondatori dell’Accademia di San Luca, risultando registrato tra 1687 e 1699, a cui risale l’ultima traccia legata al suo nome presente in città. Data l’assenza totale di fonti successive a tal data si potrebbe ipotizzare che l’artista possa aver concluso la sua carriera proprio nel capoluogo lombardo nel primo decennio del Settecento, in concomitanza con la presenza in città del figlio Carlo Leopoldo, ivi residente fino al 1715. Giovanni inaugurò un peculiare vedutismo e le sue opere, dal tocco leggero e dalla cromia rischiarata di sapore tardo barocco, diffusero quel peculiare gusto della veduta di fantasia di matrice nord europea. La composizione si ispira al filone produttivo dal sapore visionario, frequentato dai paesaggisti nordici, tra i quali Francois de Nomé, autore anch’egli di incendi di città. Il nostro pittore tuttavia non abbandona la propria verve cromatica e la peculiare ricerca compositiva accogliendo le suggestioni tematiche entro i dettami della sua maniera, come il ponte e la cascatella, visibili anche nella Scena costiera con porto e figure (Pandolfini, 2015), che introducono alla scena catastrofica sopra la quale un turbinio di effetti pirotecnici guidano l’osservatore alla scoperta della città, frutto della fantasia dell’artista. La sua pittura, guizzante e materica, si contraddistingue nel dipinto in analisi per la resa delle figurette che allo stesso tempo fuggono dal rogo, ma cercano anche disperatamente di arrivare all’acqua; per le pennellate, che vengono risolte con brevi e sapienti toccate di colore, come si evince nella resa altamente realistica delle fiamme che guizzano furiose dal rogo dell’edificio di fattura classica protagonista della composizione. Il segno tecnico e la stesura calibrata del colore sono gli elementi portanti delle sue composizioni, come si evince dal Notturno con Incendio in collezione privata a Milano.

 

 

 

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