1500
cm 114,5 x 185
Leandro Bassano (Bassano del Grappa, 10 giugno 1557 – Venezia, 15 aprile 1622)
Il piccolo mercato (Preparativi per la cena di Cana)
Olio su tela, cm 114,5 x 185
Con cornice, cm 128 x 198
Quarto figlio di Jacopo Bassano, così come ricorda il Verci “egli non ebbe altri maestri dell’arte, che suo padre, e tanto profitto egli fece nei primi anni di sua gioventù, che a simiglianza del fratello Francesco in breve giunse in istato di aiutare il padre in que’ lavori, che a suo conto dipingeva” (Verci, 1775, p. 182). Ancora giovanissimo, dunque, collaborò nella produzione della fiorente bottega paterna insieme con i fratelli Francesco e Giambattista. In questo primo momento della sua attività è impossibile distinguere la parte da lui avuta, ma ben presto la sua personalità emerge e si fa riconoscere per il progressivo allontanamento dalla tradizione coloristica familiare e per la preferenza verso il disegno. Dal 1575 circa partecipò largamente all’esecuzione di dipinti biblico-pastorali, che tanto erano richiesti e che, sin dagli albori dell’attività della bottega, costituirono in marchio di fabbrica dell’attività dei da Ponte. Edoardo Arslan (1960, p. 235) assegna al periodo giovanile di Leandro opere come il Mosè che percuote la rupe (Dresda, Gemäldegalerie), la Partenza per Canaan (Amsterdam, Rijksmuseum) e Le Nozze di Cana (Vicenza, Museo civico). Un soggiorno a Venezia, condotto congiuntamente al padre Jacopo nei primi anni ’80 del Cinquecento, diede nuova linfa alla produzione di Leandro: influenze connesse alla celeberrima produzione dei maestri Tiziano, Tintoretto e Veronese si percepiscono con rafforzata decisione in dipinti come il Cristo deposto dagli angeli nel sepolcro del Museo civico di Bassano, la S. Anna con la Vergine venerata da numerose monache del Museo di Stoccolma e l’Ultima Cena della Galleria Pitti a Firenze. Dopo la morte del padre Jacopo e del fratello Francesco, Leandro si rese progressivamente più indipendente dagli stilemi della bottega familiare: nelle opere eseguite a partire dagli anni Novanta la componente disegnativa prevale e le figure, marcatamente definite e metalliche, appaiono ravvivate dal vivace colorismo di tradizione veneziana e da toni più vividi e cangianti rispetto a quelli terracei che denotano la produzione artistica delle coeve personalità della cerchia bassanesca; ciò si denota nell’Incontro di papa Alessandro III col doge Sebastiano Ziani per la sala del Consiglio dei dieci nel palazzo ducale a Venezia, concluso in seguito al decesso di Francesco, nel Carnevale del Kunsthistorisches Museum di Vienna e nella Resurrezione di Lazzaro nella chiesa della Carità a Venezia, dipinto molto importante per comprendere l’arte del Da Ponte, attento, oltre che alle suggestioni derivanti dal retroterra culturale veneto, alle esperienze tardomanieristiche centroitaliane, specialmente agli di Federico Zuccari, attivo pochi anni prima nel palazzo ducale di Venezia. La carriera di Leandro Bassano procede brillantemente sino ai primi anni Venti del Seicento: Bassano si mostra capace, nell’intero arco della sua carriera, di reinterpretare le secolari istanze della bottega, fornendo il proprio unico ed inconfondibile tocco personale.
Assolutamente aderente agli ideali alla base della produzione di Leandro è questo dipinto, di cui un’altra versione, entrata a far parte delle raccolte sabaude per volere del Re Emanuele II nel 1682 ed attribuita con certezza al Da Ponte dalla Gabrielli nel 1971, è oggi custodita presso la Galleria Sabauda di Torino (inv. 419). L’opera fu messa a punto autonomamente da Leandro dopo il 1580, con uno schema compositivo simile a una versione del soggetto conservata presso il museo di Vienna, per la quale s’intuisce l’uso dello stesso cartone utilizzato per certe zone e alcuni personaggi del dipinto sabaudo (Villano, 2009). Come suggerisce però la sua titolazione, si può più in generale ritenere un’elaborazione dal cosiddetto Grande Mercato di Jacopo del quale replica in scala minore la struttura. Anche il brulichio che la anima è analogo e in certi casi le figure sono soltanto collocate altrimenti. Del Piccolo Mercato, oltre al nostro dipinto e a quello di pertinenza della Sabauda, sono note almeno altre due copie, che testimoniano la serialità del procedimento pittorico utilizzato da Leandro. La prima, di formato più grande (240 x 293 cm), si trova presso i depositi del Museo veronese di Castelvecchio (inv. 1113) e proviene dalla collezione di Cesare Bernasconi; la seconda è stata segnalata presso una collezione privata bassanese e datata verso il 1585.

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