1969
40 x 30
opera tecnica mista collage con legno, dimensioni cm 40 x 30 cm , compresa cornice cm 52,5 x 42,5 cm
Firma e tiratura a matita 189/400 con timbro a secco Biennale di Venezia 1969
Buono stato conservativo generale, cornice antica
Nato nel 1938 a Castelfrentano, formatosi a Roma all’Istituto d’Arte, dedicatosi in primo lugo alla ceramica, Ceroli ha avuto un esordio precoce e felice, sostanzialmente da autodidatta, vincendo nel 1958 il premo per la giovane scultura alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. La sua comparsa sulla scena artistica romana ha contribuito a quella riformulazione del linguaggio che ha caratterizzato gli anni ’60 (e non solo in Italia) ed ha aperto la strada, precorrendole, alle poetiche dell’arte povera ed alle successive installazioni (che si svilupperanno alla fine degli anni ’60) pur rimanendo nella struttura dell’immagine nell’ambito poetico di quella che fu definita la pop art italiana. Il gesto germinale e sostanziale di Ceroli è stato quello di lavorare su materiali naturali, primo fra tutti il legno (ma anche la terra, il vetro, il ghiaccio) per porre l’accento sull’elemento primario, sul senso emergente delle cose reali, sul valore simbolico dell’opera, sul gesto fondante dell’artista. Ha cosa destituito del suo valore il materiale aulico e “nobile” della scultura, investendo di una nuova e forte capacità di rappresentazione il materiale naturale e povero. Con le sue forme ritagliate nel legno grezzo, le sue citazioni da icone dell’arte, le sue ironiche mimesi e, poi, con le sue grandi “rappresentazioni” Ceroli ha reso fisica l’idea, l’ha tradotta in gesto e in materia e, nello stesso tempo, ha occupato lo spazio in una stupefacente proliferazione di forme, in quell’intento dell’artista “faber” di medievale ascendenza che si propone di disegnare la realtà e l’ambiente umano in ogni sua declinazione, ma nel farlo li trascende sublimandoli. Muovendosi dunque tra simbolo e realtà, Ceroli ha creato una alterità che, da sola, è il campo privilegiato dell’arte. Il carattere “invasivo” del suo lavoro lo ha portato allo sconfinamento in ambiti che solo un’idea angusta dell’opera d’arte assegna a categorie “inferiori”; il teatro in primo luogo, dove già nel ’67 ebbe la sua prima esperienza con Riccardo III, e che non ha mai abbandonato, collaborando con i più importanti allestimenti di drammi e opere; il cinema; il disegno di interi ambienti, di “luoghi della vita” (cosà come in questo secolo hanno fatto i più grandi architetti, da Wright a Le Courbusier ad Aalto); la progettazione di chiese e del loro arredo interno, fino ad un progetto mai completato di teatro. Autore in primo luogo del proprio ambiente di vita e di lavoro, Ceroli ha raccolto in uno spazio di 3000 metri quadrati, straordinariamente suggestivo, i suoi lavori, oltre 500, in una specie di museo in continuo mutamento e accrescimento, che avrebbe intenzione di aprire al pubblico per renderlo vivo, fruibile, utile come stimolo e modello alle più recenti generazioni di artisti.

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