Ultimo quarto del XVII secolo
cm. 120 x 150 (145 x 177 inclusa cornice)
ARTISTA NORDICO ATTIVO A ROMA NELL’ULTIMO QUARTO DEL XVII SECOLO
Natura morta con fiori, frutti, vasi istoriati, un pappagallo e una scimmia
Il dipinto fa parte di una coppia: nella galleria è visibile anche il gemello, ma si possono acquistare singolarmente.
Olio su tela – cm. 120 x 150 (145 x 177 inclusa cornice)
Le due grandi tele qui presentate, raffiguranti Natura morta con fiori, frutti, vasi istoriati, un pappagallo e una scimmia e Natura morta con vaso di fiori, frutti e rovine architettoniche, sono tipici esempi della grande decorazione barocca che vide il suo massimo splendore a Roma nella seconda metà del XVII secolo.
Il magnificente fasto barocco prese le sue forme più eclatanti nei grandi palazzi aristocratici dei Colonna, dei Chigi, dei Borghese, dei Rospigliosi, dei Pallavicini, dove lavorarono i maggiori esponenti della pittura di figura, di paesaggio e di generi attivi in quell’epoca a Roma.
Tale gusto prese progressivamente piede anche presso il patriziato minore e l’alta borghesia dei banchieri e dei professionisti, i quali si servirono di artisti di minor fama provenienti dalle botteghe che andavano fiorendo in città.
Per quanto attiene alle raffigurazioni di natura morta, i massimi rappresentanti furono inizialmente degli specialisti: Mario Nuzzi e Giovanni Stanchi per i fiori, Michelangelo del Campidoglio per i frutti, Francesco Noletti per le composizioni eleganti con tappeti.
Nella seconda metà del secolo gli artisti si orientarono in direzione di una maggiore versatilità, per cui ad esempio un pittore di origine pugliese come Carlo Manieri dipinse indifferentemente tutti e tre i sopra menzionati soggetti, sovente miscelandoli all’interno delle medesime composizioni.
Un apporto fondamentale allo sviluppo della cosiddetta pittura di genere romana fu quello dato dalla numerosa compagine di artisti stranieri attivi in città: ad essa facevano capo fiamminghi, olandesi, tedeschi, riuniti in corporazioni chiamate Bent.
Fiorente era anche la colonia dei francesi, ma si trattava di pittori di più alto lignaggio artistico, specialisti di figura dediti a scene storiche, mitologiche e religiose, inviati in Italia sotto la protezione di Luigi XIV, che potevano contare sulla frequentazione della prestigiosa Accademia di Francia, fondata nel 1666 su impulso di Jean-Baptiste Colbert e di Gian Lorenzo Bernini.
Le due grandi tele qui presentate sono opere di un pittore nordico affascinato dalla cultura romana, così ben evidente nell’esposizione in fuga prospettica di due vasi istoriati nel dipinto con scimmia e pappagallo, concepito per essere posizionato a sinistra, e di due plinti nell’altro, concepito per essere l’elemento destro della coppia.
Con il termine nordico s’intende far genericamente riferimento a un artista di cultura fiamminga che potrebbe però aver derivato le sue origini anche in Germania, come dimostrano i formidabili esempi romani di Christian Berentz e di Franz Werner von Tamm.
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