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Epoca

1600

Misure

70 x 95 cm

Descrizione

Scuola bolognese del XVII secolo

Susanna e i Vecchioni

Olio su tela, 70 x 95 cm

Con cornice, cm 88 x 115

 

A Babilonia viveva una donna di straordinaria bellezza e grande virtù, di nome Susanna, moglie di Ioakim, un uomo molto ricco e rispettato. La casa di Ioakim era frequentata da molti, e tra questi vi erano anche due anziani, scelti tra il popolo come giudici. Pur rivestendo una posizione di autorità e rispettabilità, questi due uomini nascondevano nel loro cuore una grande malvagità e lussuria. Ogni giorno, Susanna era solita passeggiare nel giardino di casa sua. I due vecchioni, avendola notata, iniziarono a desiderarla ardentemente. Erano talmente presi dalla loro concupiscenza che mettevano da parte ogni pudore e moralità, senza più la forza di pensare alla giustizia, poiché i loro cuori erano completamente accecati dal desiderio. Si appostavano di nascosto, aspettando il momento opportuno per coglierla da sola. Un giorno, Susanna, desiderando fare un bagno, si ritirò nel giardino, chiedendo alle sue ancelle di chiudere le porte e di portarle gli unguenti e i saponi. Le ancelle obbedirono, chiudendo le porte e uscendo per prendere ciò che le era stato richiesto, senza accorgersi che i due vecchioni si erano nascosti all’interno del giardino della dimora di Ioakim. Quando le ancelle si allontanarono, i due anziani uscirono dal loro nascondiglio e si avventarono su Susanna, che si trovò in una situazione disperata. Era profondamente angosciata e sapeva che, se avesse ceduto ai loro desideri, si sarebbe macchiata di un peccato mortale. Ma se si fosse rifiutata, sapeva che la loro falsa accusa avrebbe significato la sua morte, poiché la legge prevedeva la pena capitale per l’adulterio. Con coraggio e fede, Susanna si oppose, non cedendo al ricatto, e gridando a gran voce. Anche i due vecchioni gridarono, per richiamare l’attenzione dei domestici. Quando i servi accorsero nel giardino, i due anziani, con un’aria compunta, iniziarono a raccontare la loro menzogna, riversando le colpe sulla donna e accusandola di adulterio. Il giorno seguente, il popolo si riunì nella casa di Ioakim, e i due vecchioni, pieni di malizia e determinati a portare avanti la loro falsa accusa, convocarono Susanna. Di fronte a tutta l’assemblea, essi ripeterono la loro testimonianza, e, poiché erano giudici stimati, la loro parola fu creduta. L’assemblea condannò Susanna a morte. Mentre Susanna veniva condotta al supplizio, ella levò la sua voce al Signore, pregando. Dio ascoltò il grido di Susanna: mentre ella veniva condotta al patibolo, Dio suscitò lo spirito di un giovane chiamato Daniele. Daniele, con coraggio, si alzò in mezzo all’assemblea, sostenendo l’innocenza della donna e presentando alla corte inconfutabili prove rispetto alle false accuse dei vecchioni. La menzogna dei due vecchioni fu così smascherata pubblicamente. L’intera assemblea comprese l’inganno e la malvagità dei due giudici. Secondo la legge di Mosè, coloro che testimoniavano il falso subivano la stessa pena che avevano inteso infliggere. Così, i due vecchioni furono condannati a morte, e Susanna fu salvata e la sua innocenza proclamata. Da quel giorno, Daniele divenne grande agli occhi del popolo. Questa storia è un potente racconto sulla giustizia divina, sulla fedeltà e sul coraggio di fronte all’ingiustizia, e su come la verità, alla fine, trionfi sulla menzogna.

Il dipinto mostra il segmento del racconto entro cui viene narrato l’assalto a Susanna da parte dei due vecchioni. Lo stila classicista, le espressioni composte e la morbida resa degli incarnati delle figure ben si adegua alla tradizione pittorica emiliana seicentesca, con particolare riferimento all’attività di figure quali Carlo Cignani e Marcantonio e Giacomo Franceschini. Proprio sugli stilemi di Susanna e i vecchioni di Marcantonio Franceschini della quadreria di palazzo Rossi Poggi Marsili di Bologna si incanala questo dipinto, che ne riprende il marcato contrasto chiaroscurale tra lo sfondo e le figure in primo piano e l’interpretazione personale ed autonoma del classicismo di Carracci, Reni e Guercino.

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