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Epoca

XIX secolo

Misure

cm 79 x 60

Descrizione

Vincenzo Giacomelli (Grizzo, 1812 – Venezia, 1890)

L’incontro di Cangrande II della Scala con la principessa Elisabetta di Baviera (1350)

Olio su tela, cm 79 x 60

Con cornice, cm 95 x 78

Firmato in basso a destra e datato 1845

 

L’opera in esame si ascrive al corpus pittorico di Vincenzo Giacomelli, come attesta la firma apposta dall’artista stesso in basso a destra, unitamente alla data d’esecuzione, il 1845 (all’epoca della realizzazione il pittore aveva trentatré anni). L’opera raffigura l’incontro tra il principe Cangrande II della Scala, vestito di rosso al centro, e la principessa Elisabetta di Baviera, figlia di Ludovico il Bavaro divenuto poi l’imperatore del Sacro Romano impero con il nome Luigi IV di Germania, avvenuto nel 1350, anno in cui di fatto si sposarono. Intorno alle figure dei due protagonisti vi sono, infatti, le nutrici della giovane e, in primo piano posto sulla destra, uno scudiero, mentre sullo sfondo è visibile proprio la città di Verona. L’anno successivo Cangrande II della Scala diventerà Signore di Verona e di Vicenza (1351), e verrà ribattezzato dal popolo “cane rabbioso”, per via della sua crudeltà e del suo governo dal pungo di ferro, che lo portarono ad essere assassinato nel 1359, lasciando il testimone al figlio Cansignorio che, con l’aiuto dei principi di Carrara e Padova divenne duca al suo posto.

Vincenzo Giacomelli nacque a Grizzo di Montereale Valcellina il 3 aprile 1812, figlio di Giuseppe Giacomelli e Osvalda Rafael, e si spense a Venezia nel 1890. La sua formazione ebbe luogo presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, che frequentò assiduamente sin dal 1830. Il suo esordio nel panorama artistico pubblico avvenne nel 1837, quando presentò una pala d’altare in un’esposizione organizzata dall’istituto veneziano. L’anno seguente, nel 1838, ottenne un significativo riconoscimento di pubblico e critica grazie a una serie di dipinti incentrati sulla figura del doge Marino Faliero. Un ulteriore successo si registrò nel 1839, quando risultò vincitore del concorso artistico indetto dal noto collezionista e mecenate Giacomo Treves. A partire dal 1840, il pittore friulano intraprese un’intensa attività espositiva, partecipando alle maggiori rassegne artistiche dell’Italia settentrionale, toccando città come Trieste, Venezia, Milano e Torino. In particolare, il periodo tra il 1839 e il 1845 lo vide particolarmente attivo nella città piemontese. Nel 1846, Giacomelli sposò la parigina Vittoria Handin e aprì a Venezia, presso i Tolentini al ponte del Malcanton, un proprio e avviato studio. Fin da questi anni, l’artista si distinse nell’esecuzione di episodi della storia antica, mostrando una spiccata predilezione per i passati gloriosi di Venezia. Tra le opere che gli confermarono una significativa affermazione si annoverano, in particolare, il Diomede fugge nascondendo il Palladio (1839, Venezia, Gallerie dell’Accademia) e l’Antonio Loredan e l’assedio di Scutari (1845, Treviso, Museo Civico), quest’ultimo realizzato nel medesimo anno dell’opera qui considerata. Di fondamentale rilevanza storico-artistica fu il ciclo di sei dipinti dedicato all’assedio di Venezia (1848-1849), presentato alla XVL edizione della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino del 1866, alla quale espose con una certa costanza negli anni. Questa sequenza pittorica — che include titoli quali Il popolo guidato da Daniele Manin prende l’Arsenale, Offerte alla Patria, Battaglia all’Albergo della Campana a Mestre, L’eroica morte del Tenente Colonnello Rossaroll, Gli austriaci scacciati dal Forte di Sant’Antonio e Bombardamento di Venezia — si affianca ad altre opere di medesima tematica realizzate dall’artista, possedendo un’alta valenza iconografica relativa all’eroica difesa della città dall’esercito austriaco. È cruciale evidenziare che la realizzazione di questi dipinti, che godettero di una fortunata trasposizione litografica presso Lemercier a Parigi, avvenne “in presa diretta” da parte di Giacomelli, il quale operò non solo in veste di pittore, ma anche in quella di ufficiale della Repubblica veneziana. Partecipò alle Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Genova, alle edizioni del 1856, 1858, 1862, 1865, 1868 e 1875, mentre nel 1877 espose all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Napoli.

L’opera ci mostra lo stile di Giacomelli, che riflette la sua formazione all’Accademia di Venezia e le influenze del romanticismo storico, con una particolare attenzione alla resa emotiva e narrativa delle scene. Giacomelli si distingue per la sua capacità di coniugare un rigore formale di matrice accademica, visibile anche nella pennellata precisa e realistica, con un sentimento romantico e narrativo, dove la luce è utilizzata in modo funzionale per mettere in risalto i volti e i corpi in primo piano, amplificando il pathos della scena.

 

 

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