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Descrizione

Giovanni Grubacs (1829 – 1919 )

Venezia, il Canal Grande a Ca’ Foscari, c. 1855

Olio su tela, cm 35 x 50 – Con cornice, cm  43,5 x 59

 

Alla “volta de canal”, nel punto in cui il Rio de Ca’ Foscari sfocia in Canal Grande, si sta svolgendo una regata celebrativa notturna: le imbarcazioni moderne scortano una ‘peota’ di rappresentanza che sta giungendo verso la banchina di Palazzo Balbi. Si tratta del luogo d’arrivo tradizionale delle regate storiche veneziane, e l’ambientazione serale allude che la gara descritta sia quella che segue, appunto la sera del sabato, la celebrazione della Festa del Redentore.

L’origine della festa è nota: il 4 settembre del 1576, nella fase più acuta della grande pestilenza che comportò, nel giro di due anni, la morte di quasi un terzo della popolazione veneziana, il Senato approvò lo stanziamento di un’ingente somma per la costruzione votiva di una nuova grande basilica presso la Giudecca, nel luogo dove sorgeva da secoli un piccolo convento francescano. Nel maggio dell’anno successivo, quando il progetto era stato già assegnato ad Andrea Palladio, veniva posta la prima pietra della fondazione, intitolata a Cristo Redentore. Il 20 luglio del 1577, a pestilenza conclusa, si inaugurava la tradizione del corteo processionale, su un ponte di barche, che partiva dalla nuova basilica e giungeva alla Fondamenta delle Zattere, per poi attraversare la città e terminare in Piazza San Marco. La festa del Redentore si celebra dunque il sabato che precede la terza domenica di luglio; dopo la funzione serale iniziano le regate su Canal Grande, la più importante delle quali termina proprio davanti Palazzo Foscari.

L’autore di questa importante tela è il veneziano (di famiglia istriana) Giovanni Grubacs: figlio di Carlo, già notevole vedutista della prima metà dell’Ottocento, Giovanni si inserisce nel gruppo dei migliori interpreti del genere nei decenni successivi alla metà del secolo, ovvero nella fase conclusiva della stagione risorgimentale che vede Venezia finalmente annessa al regno d’Italia. In questo periodo nasce in laguna il sottogenere della “veduta notturna”, inaugurato da un formidabile interprete quale Ippolito Caffi. Seguono da parte del pittore negli anni ’50 numerosi notturni: questi sono dedicati per la maggior parte a feste civili la cui descrizione è informata di un sentimento di nostalgia per l’epoca della Serenissima, sentimento coerente nondimeno allo spirito risorgimentale. Giovanni Grubacs è fra i primi seguaci di Caffi, e, all’unisono col padre, comincia anche lui ad alternare l’attività di vedutista canonico con la produzione di questo genere di poesie, che resteranno in voga in laguna fino alla fine del secolo. La riflessione sulla luce prende spunto dall’eredità di Francesco Guardi: se la luminosità si esprime attraverso pulviscoli – a marcarne il carattere incostante per il quale le variazioni di bagliore vanno apprezzate ad ogni centimetro della tela – laddove il bagliore stesso è creato da calde pennellate di rosso, ocra e bianco su fondo scuro l’effetto di sfavillio risulta ancora più seducente per gli occhi. Nella fase tra la fine del quinto e l’inizio del sesto decennio si moltiplicano le occasioni per Grubacs di mostrare il suo valore in questo particolare sottogenere. Il punto di vista al centro del canale, che si pone frontalmente alla Ca’ Foscari e allo sbocco del rio omonimo, è uno dei privilegiati dall’artista: il dipinto qui preso in esame è in questo senso confrontabile da vicino ad alcune tele passate sul mercato raffiguranti delle scene notturne. Rispetto a questi esemplari il dipinto si segnala per l’uso di un colore più marcato e denso, che nella definizione delle linee e dei volumi delle architetture richiama di certo il precedente di Caffi. In questo caso, a differenza di quanto accade con la Celebrazione del 1838, il pittore non sta rievocando un episodio di storia della città, ma piuttosto vuole presentare una tradizione ancora viva: all’artista non interessa tanto il ricordo del passato della Serenissima, quanto il fatto che su questo passato si imposti il senso di appartenenza dei veneziani dell’Ottocento alla città e ai suoi monumenti. 

 

 

 

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