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Il grande design può celarsi ovunque, la difficoltà sta nel trovarlo. Gianluca Greco, titolare di Flanerie Milano, ci racconta quel lavoro di ricerca, la voglia di vedere e far conoscere il bello del nostro Design e di quello internazionale. Curiosità, conoscenza e rispetto per le cose passate portano a trovare veri e propri pezzi di storia del design e del nostro paese.

  • NOWARC: Quando e come nasce Flanerie Milano?

GIANLUCA GRECO: Flanerie ha aperto i battenti nel marzo del 2017 e nasce per conciliare la mia fascinazione per l’usato con una naturale propensione, appunto, alla flânerie.

Da una parte, sono sempre stato appassionato di mercatini dell’usato. La dimensione economica dell’usato mi ha sempre incuriosito: perché un oggetto che è già stato utilizzato e “consumato” conserva ancora un valore residuo, al punto da avere ancora un mercato? Su quali basi venditori e acquirenti riescono ad attribuirgli un prezzo?

D’altra parte ho sempre avuto un’attitudine che si potrebbe definire da flâneur, una figura della vita moderna delineata, tra i primi, da Edgar Allan Poe nel racconto L’uomo della folla, e poi elaborata da Baudelaire, Benjamin e altri. In italiano è solo parzialmente traducibile con “vagabondo” o “perdigiorno”: in realtà il flâneur è colui che si aggira per la città moderna con lentezza, apparentemente senza una meta, ma nel farlo riesce ad apprezzare tutta la bellezza che lo circonda, che gli altri, dominati dalla frenesia della vita metropolitana, non riescono a vedere.

  • NOWARC: Come hai scelto in cosa specializzarti?

GIANLUCA GRECO: La specializzazione nasce dal desiderio di valorizzare ciò che vedo, in particolare nell’area di Milano e più in generale in Lombardia. Il cuore della mia offerta è il design italiano degli anni Sessanta e Settanta, ma senza rinunciare a qualche “fuga” all’indietro oppure in avanti, se mi capita di imbattermi in pezzi di periodi precedenti o successivi che ritengo degni di nota.

La grande eccezione sono i mobili della Herman Miller, come le librerie di George Nelson, oppure quel capolavoro assoluto che sono le Aluminium group dei coniugi Eames, tra l’altro importate in Italia proprio dalla milanese DePadova, una delle aziende simbolo del design italiano.

  • NOWARC: Come sta cambiando il mercato del modernariato?

GIANLUCA GRECO: Come tutti i mercati emergenti, anche quello del modernariato è estremamente dinamico e soggetto alle mode: in pochi mesi i gusti del pubblico possono cambiare radicalmente e arredi che, poniamo, due anni fa tutti cercavano oggi sono ignorati, o viceversa. L’aspetto positivo di questa “volubilità” è che i clienti sono sempre più competenti e quindi più esigenti.

La bravura del venditore consiste nell’anticipare tendenze future, senza però rinunciare a offrire ai clienti quello che cercano nel momento presente.

  • NOWARC: Quali sono le differenze tra l’Italia e l’estero?

GIANLUCA GRECO: Fino a pochi anni fa comprare usato, in Italia, era una pratica non troppo comune e quasi socialmente stigmatizzata, mentre in altri paesi, come l’Inghilterra, gli Stati Uniti o la Francia, è una cosa normalissima.

Il paradosso è che il design, un capitolo della nostra storia culturale che tutto il mondo ci ammira, in Italia è ancora poco valorizzato. Forse perché, come accade anche in altri settori dell’arte o della cultura, anche nel caso del design siamo cresciuti in mezzo a tali e tanti capolavori che siamo diventati quasi indifferenti.

Ma ora le cose, seppur lentamente, stanno cambiando. In Italia siamo sempre molto legati alle “etichette”: amiamo vederle applicate sull’oggetto, sembra che se qualcosa non ha una qualche etichetta non riusciamo neanche a vederla. E devo dire che l’etichetta vintage, per quanto un po’ generalista, ha contribuito un po’ a risollevare l’interesse verso il design.

In ogni caso, per negozi di modernariato come il mio, le vendite all’estero restano una parte piuttosto rilevante di quelle complessive.

  • NOWARC: Qual è il ruolo delle aste: come influenzano il mercato, come incidono sulla percezione della clientela?

GIANLUCA GRECO: Le aste sono fondamentali: servono a prendere coscienza del valore del nostro patrimonio, offrono un riferimento utile a determinare il livello dei prezzi e aiutano a capire le mode del momento.

Le quotazioni però bisogna saperle leggere. Alcuni oggetti possono raggiungere cifre con cinque o sei zeri, ma parliamo di capolavori del design, di pezzi unici che in alcuni casi hanno un valore storico e sono la testimonianza di un’epoca.

  • NOWARC: Se invece parliamo del vintage pregiato ma accessibile?

GIANLUCA GRECO: A parità di qualità della fattura e raffinatezza del design, i prezzi del vintage sono decisamente più bassi rispetto al nuovo. Per fare un esempio: a parità di prezzo, un divano vintage, di marca prestigiosa e con design all’avanguardia, dopo quarant’anni è in condizioni migliori di un divano acquistato due anni fa nel fast furniture. Un oggetto nuovo, il giorno dopo l’acquisto, vale già un terzo o ancora meno del suo prezzo, mentre un oggetto vintage può accrescere il proprio valore nel tempo. Tanto che, come accade con qualunque genere di collezionismo, anche gli appassionati di design (almeno i più accorti) non solo riescono a soddisfare la propria “fame” collezionistica ma non di rado riescono anche a guadagnarci.

Una certa propensione allo scambio è quindi innata tra gli appassionati di design ed è ciò che rende tanto interessanti i mercatini di cui parlavamo all’inizio.

  • NOWARC: Come trovi i pezzi più ricercati?

GIANLUCA GRECO: Acquisto quasi esclusivamente da privati, che hanno comprato o hanno ereditato. Questo è l’aspetto più affascinante: molti degli oggetti che ho comprato hanno accompagnato la vita di famiglie, sono state acquistati per passione, talvolta con sacrifici. Apprezzarli e farle apprezzare è anche una forma di rispetto per quella storia nascosta.

  • NOWARC: Raccontaci alcuni pezzi che Flanerie Milano ha acquisito.

GIANLUCA GRECO: Me ne vengono in mente almeno tre.

Il Kubirolo di Sottsass, una serie di cubi componibili destinati alla camere dei ragazzi. Ho avuto la fortuna di acquisirne un lotto in una versione colore legno che non era mai stata presentata nel mercato del vintage. Il proprietario era divertito: non poteva credere che ciò che aveva comprato decenni prima per la camera della figlia fosse diventato un oggetto di culto, desiderato dai collezionisti di tutto il mondo!

Poi, la poltrona Samaden con il suo poggiapiedi di Caccia Dominioni per Azucena. Una poltrona che è stata tenuta in casa per quasi sessantanni, su cui si sedeva solo una persona. La moglie conservava ancora la fattura di Azucena! Le condizioni erano eccellenti, sembrava uscita dal magazzino il giorno prima. È stato emozionante esporla, gli eredi dell’archivio di Caccia Dominioni ne avevano solo una vecchia foto di archivio.

Infine, di recente, ho acquisito una coppia di lampade da parete di Franco Albini ( In vendita qui su NowArc.com ). Provengono da uno dei primi edifici realizzati da Albini, il palazzo INA di Parma. Sono state disegnate appositamente per questo edificio, che ne ospitava sette. Le lampade illuminavano la scala, la cui fotografia si può trovare in molti libri di architettura.
La forma di queste lampade è assolutamente coerente con l’ambiente a cui sono destinate, e cioè ridotta all’essenziale, com’è nello stile di Albini: un neon cilindrico protetto da una gabbia di ottone appesa a un gancio. Ricordano delle lanterne o delle torce per illuminare il cammino. Anche la scala, come le lampade, è staccata dalle pareti del pozzo, che in gergo si dice anche gabbia, se non per alcuni sostegni. Secondo Gio Ponti questo edificio era ciò a cui guardare per “intendere gli architetti d’oggi”.
Lui si riferiva all’architettura all’indomani della Seconda guerra mondiale, ma a me piace pensare che queste parole siano di buon auspicio anche per il momento presente, dopo un anno così drammatico come quello che abbiamo passato.

Gianluca Greco – Flanerie Milano
Fotografie di Daniele Portanome