Carrello

Nessun prodotto nel carrello.

   Analizzando la tematica sui trafugamenti nazisti compiuti durante la Seconda Guerra Mondiale, le vicende in cui le esportazioni dei beni culturali avvennero in condizioni di manifesta ingiustizia sono numerose, soprattutto per quanto riguarda i beni appartenenti alle vittime dell’Olocausto.
Iniziata negli anni Trenta, quando il regime nazionalsocialista promulgò una serie di leggi antisemite, la discriminazione razziale nei confronti del popolo ebraico si sviluppò progressivamente nel corso del tempo causando prima il fallimento di molte attività commerciali gestite dagli ebrei e poi, a seguito della “soluzione finale” decisa da Hitler, la fuga o deportazione nei lager dei loro proprietari.
In simili condizioni mercanti d’arte e galleristi di origine ebraica, per liquidare velocemente il capitale, furono costretti a vendere a prezzi stracciati le loro collezioni, mentre molti collezionisti privati dovettero abbandonare improvvisamente le loro abitazioni che vennero così saccheggiate dai soldati tedeschi o dagli sciacalli.

   Quando, a guerra conclusa, s’intrapresero le prime misure di restituzione dei beni trafugati, ci si trovò di fronte a due ben precise casistiche. Da una parte quelli sottratti in accordo alle normative e decreti legislativi del Terzo Reich: confische e sequestri. Dall’altra quelli sottratti al di fuori di tale quadro normativo: furti e saccheggi. Mentre i primi risultarono più facili da rintracciare, sempre che si disponesse della documentazione necessaria, e restituire così ai legittimi proprietari, i secondi andarono in molti casi dispersi, rendendone il recupero più difficoltoso, se non impossibile.
All’interno di questo discorso, conoscere la storia della Collezione Gentili di Giuseppe è utile per comprendere meglio le dinamiche e le problematiche sul riconoscimento del diritto di proprietà dei beni trafugati e sulla loro conseguente restituzione ai legittimi proprietari.
La collezione ebbe origine da Federico Gentili di Giuseppe, cittadino italiano di religione ebraica rappresentante ufficiale del Ministero delle finanze d’Italia a Parigi nonché appassionato collezionista e mecenate di opere d’arte che, 
nel corso della prima metà del Novecento, riuscì a creare un’inestimabile collezione formata da opere del Rinascimento italiano.
Faceva parte della raccolta un capolavoro del Rinascimento lombardo dall’artista bresciano Girolamo Romanino, il Cristo portacroce trascinato da un manigoldo, che Gentili di Giuseppe acquistò legalmente a un’asta organizzata a Parigi nel 1913.

   Federico Gentili di Giuseppe morì a Parigi il 21 aprile 1940.
 Poco dopo la capitale francese fu occupata dalla Germania e gli eredi, i suoi due figli, furono costretti a fuggire in America per scampare alla persecuzione nazista, lasciando il patrimonio incustodito. 
In tali circostanze, utilizzando come pretesto il disinteressamento dei legittimi eredi al patrimonio di famiglia, il curatore della successione riuscì a ottenere dal Tribunal de Première Instance de la Seine l’autorizzazione alla vendita all’asta della collezione.
Tra i dipinti battuti all’asta il 23 aprile 1941, settanta di essi furono acquistati dal governo filonazista di Vichy, mentre altri se li aggiudicarono gli emissari del maresciallo Göring ed entrarono a far parte della collezione del gerarca nazista. Successivamente, tra i quadri ottenuti dal governo di Vichy, alcuni furono acquistati da un collezionista privato milanese che a sua volta, in anni successivi, decise di venderli alla Pinacoteca di Brera.
Fu in questo modo che nel 1998 la Pinacoteca giunse in possesso, tramite un atto d’acquisto legale, del Cristo portacroce di Romanino. Un secondo dipinto proveniente sempre dalla collezione Gentili di Giuseppe, la Pala Busti di Bernardo Zenale, invece, fu acquistato dalla Pinacoteca negli anni Settanta.

Bernardo Zenale, Pala Busti (1515).

   Solo nel 2000 la famiglia Gentili di Giuseppe avanzò una prima richiesta esplicita con due lettere, inviate alla Pinacoteca di Brera dal legittimo erede Lionel Salem, nelle quali rivendicava la proprietà di entrambi i dipinti. Non ricevendo alcuna risposta dal museo egli sottopose la questione al superiore “Ufficio centrale del Ministero per i beni e le attività culturali” – MiBAC, il quale rispose negandone tuttavia la restituzione.
In seguito, nel 2011, la Pinacoteca di Brera, convinta della legittimità del proprio comportamento, cedette in prestito il Cristo Portacroce in occasione di una mostra organizzata al Brogan Museum, in Florida.
Il Cristo portacroce lasciò così l’Italia senza però farne ritorno perché un impiegato della casa d’aste Christie’s, notando il dipinto esposto, informò Lionel Salem, il quale sporse denuncia presso le autorità di polizia statunitensi. L’opera fu messa sotto sequestro cautelare dalle autorità competenti e, considerando che la causa si sarebbe svolta sotto la giurisdizione nordamericana, al caso venne applicata la legge statunitense.
La questione si risolse in tempi brevi poiché la Pinacoteca di Brera decise di non intraprendere nemmeno la causa e per questo motivo Lionel Salem non incontrò alcuna opposizione. Nella sentenza del 6 febbraio 2012 il giudice nominò così ufficialmente Lionel Salem come legittimo proprietario del dipinto, ordinandone pertanto la restituzione da parte della Pinacoteca.
Il dipinto tornò alla famiglia del Signor Gentili di Giuseppe, ma tale epilogo non fu scontato.
Al caso infatti il giudice avrebbe potuto applicare ordinamenti diversi: quello italiano, in quanto la Pinacoteca di Brera ne era il detentore; quello francese, essendo Parigi il luogo dove fu organizzata al tempo l’asta di vendita; quello statunitense, trovandosi il dipinto in quel momento negli Stati Uniti.
Se si fosse seguito l’ordinamento italiano e francese, sostanzialmente identico al primo, ai sensi dell’art.1153 c.c. – Effetti dell’acquisto del possesso – riassunto con la forma “possesso vale titolo” e dell’art. 1161 c.c. – Usucapione dei beni mobili -, si sarebbe rigettata la pretesa di rivendicazione della famiglia Gentili di Giuseppe e
 il Cristo portacroce sarebbe stato riconsegnato alla Pinacoteca di Brera.
Il giudice optò però per la legge dello Stato di New York, secondo la quale l’acquisto da furto o sottrazione illecita non fa acquistare la proprietà del bene mobile, nonostante la buona fede dell’acquirente.

   Analizzando la vicenda del Cristo portacroce di Romanino, emergono alcune problematiche di natura giuridico-legale che rendono oggi ancora più difficoltoso il processo di restituzione dei beni culturali ai proprietari originari.
Una di queste è senz’altro, come già osservato, il conflitto delle leggi applicabili al caso. Ogni Stato ha un proprio sistema di leggi e normative e, quando la situazione lo richiede, la scelta del giudice circa l’ordinamento di riferimento può determinare l’esito del processo. A questo si aggiunge, forse per convenienza, l’indifferenza e il mancato rispetto degli obblighi derivanti dalle normative internazionali in vigore che i musei, le gallerie d’arte e le case d’aste adottano quando si trovano coinvolti in queste situazioni.
La costruzione giuridica di tali sentenze è costituita da due parti aventi esigenze diverse: da un lato quella del proprietario originario cui è stato sottratto un bene di grande valore che ne rivendica la legittima proprietà, e dall’altro l’esigenza di tutela dell’acquirente che, in buona fede e legalmente, è entrato in possesso del bene.
Certo la Pinacoteca di Brera, in quanto istituzione pubblica, al momento dell’acquisto del Cristo Portacroce avrebbe dovuto verificare la provenienza del dipinto. In questo modo infatti, risalendo nella concatenazione dei passaggi di proprietà, si sarebbe imbattuta nell’anomalia dell’asta parigina.
In casi simili quindi ci si appella alle regole di buona condotta che ogni istituzione pubblica dovrebbe assumere prima di accettare un bene nelle proprie collezioni.

   Il 7 giugno 2012 il Cristo Portacroce è stato battuto all’asta da Christie’s a New York per 4.562.500 dollari, la più alta cifra mai raggiunta all’asta da un dipinto del Romanino; ad aggiudicarselo è stato un importante collezionista cileno.
Per quanto riguarda la Pala Busti, invece, l’opera si trova tuttora esposta nella Sala XIX° presso la Pinacoteca di Brera.

Il personale specializzato rimuove Il Cristo portacroce di Girolamo Romanino dalle pareti del Brogan Museum. (2011).
Pamela Marsh, procuratore del distretto della Florida del Nord, comunica alla stampa americana la notizia che il Cristo portacroce di Girolamo Romanino è ritornato ai legittimi proprietari eredi della famiglia Gentili di Giuseppe (18 Aprile, 2012).

Lorenza Adessi

Studia Arti visive presso Università Iuav di Venezia.
Ha studiato Beni Culturali presso Università degli studi di Pavia